All’interno di questa processione vi sono otto statue che rappresentano le varie tappe della Passione di Cristo e che sono così disposte in ordine in processione: il Cristo all’orto, il Cristo alla colonna, l’Ecce Homo, il Cristo carico della Croce, il Crocifisso, il Cristo Morto, la Vergine Addolorata, San Giovanni.
Quattro di queste statue appartengono all’Arciconfraternita del SS. Rosario e sono custodite nell’omonima chiesa e sono le seguenti: la statua dell’Ecce Homo, la statua del Cristo Morto, la statua della Vergine Addolorata e la statua di San Giovanni; la altre quattro invece (ossia la statua del Cristo all’orto, la statua del Cristo alla colonna, la statua del Cristo carico della Croce e la statua del Crocefisso) appartengono all’Arciconfraternita dell’Immacolata e sono custodite nell’omonima chiesa.
Vengono portati in processione inoltre vari altri vessilli che sono i seguenti: sei pennoni dell’Arciconfraternita del SS. Rosario (ossia lunghe aste verticali con un drappo nero in cima; uno di questi è più grande degli altri cinque ed ha un drappo maggiormente decorato e viene comunemente chiamato “pennone dei fratelli del Rosario”; secondo alcuni rappresenterebbero tutti i continenti del mondo a lutto per la morte di Gesù, questa tesi potrebbe anche essere accettata come valida, ma non si trovano documenti che possano confermarla con certezza, e, tra l’altro, appare un po’ forzata se si pensa che in realtà originariamente i pennoni non fossero sempre stati sei, ma pare che il loro numero fosse aumentato via via nel tempo di pari passo con l’aumentare del numero di fratelli dell’Arciconfraternita), Croci della Passione (o, come vengono comunemente chiamate a Caulonia, “Croci degli spogliati”, ossia le croci processionali decorate con i simboli e gli strumenti della Passione di Cristo) e candelieri delle due Arciconfraternite, le Croci rappresentative delle rispettive Arciconfraternite, lo Stendardo dell’Arciconfraternita dell’Immacolata, alcune torce che scortano la statua del Cristo Morto e, in passato ma ora non più, alcune lanterne che scortavano le statue del Cristo alla colonna e dell’Ecce Homo.
Ovviamente prendono parte alla processione anche alcuni fratelli delle due Arciconfraternite con i tradizionali abiti cerimoniali.
Negli anni vi furono spesso discussioni sull’ordine preciso che le statue, i vessilli e i rappresentanti delle Arciconfraternite dovessero seguire durante la processione, ma da decenni ormai vi è un ordine ben preciso da seguire.
Aprono il corteo processionale i cinque pennoni dell’Arciconfraternita del SS. Rosario, seguono poi la “Croce degli spogliati” e i candelieri dell’Arciconfraternita del SS. Rosario, la “Croce degli spogliati” e i candelieri dell’Arciconfraternita dell’Immacolata, il pennone dei fratelli dell’Arciconfraternita del SS. Rosario, la Croce rappresentativa dell’Arciconfraternita del SS.
Rosario, la statua del Cristo all’orto, il Priore dell’Arciconfraternita del SS. Rosario scortato da alcuni confratelli, il Cristo alla colonna, lo stendardo dell’Arciconfraternita dell’Immacolata, la Croce rappresentativa dell’Arciconfraternita dell’Immacolata, la statua dell’Ecce Homo, la statua del Cristo carico della Croce, la statua del Crocifisso, il Priore dell’Arciconfraternita dell’Immacolata scortato da alcuni confratelli, la statua del Cristo Morto, la statua della Vergine Addolorata, ed infine la statua di San Giovanni.
Questo è l’ordine standard, ma alcuni fratelli delle Arciconfraternite si possono inserire in processione fra le varie statue.
Il corteo è inoltre seguito dalla Banda musicale di Caulonia che, praticamente dalla sua fondazione, segue la processione intonando alcune tra le più belle marce funebri.
C’è da fare una precisazione, inoltre, sulla posizione che assumono i Priori delle due Arciconfraternite all’interno del corteo processionale: per una forma di riverenza reciproca, infatti, si è stabilito negli anni di far avanzare il Priore dell’Arciconfraternita del SS. Rosario davanti alla statua di maggior pregio dell’Arciconfraternita opposta (ossia la statua del Cristo alla colonna), e viceversa il Priore dell’Arciconfraternita dell’Immacolata si pone davanti alla statua più rappresentativa dell’Arciconfraternita antagonista (il Cristo Morto per l’appunto).
Nel completare la descrizione del rito è doveroso dire che la processione del “Caracolo” ha inizio, in genere, alle ore 18.00 circa del Sabato Santo, è questa infatti l’ora in cui le quattro statue dell’Arciconfraternita del SS.
Rosario (l’Ecce Homo, il Cristo Morto, la Vergine Addolorata e San Giovanni) e i rispettivi vessilli processionali iniziano ad uscire dalla chiesa stessa; il corteo scende da via del Rosario, accompagnato dalle marce funebri elevate dalla Banda musicale di Caulonia, e poco più tardi si incontra al cosiddetto “Buveri”, che è l’incrocio tra via Vincenzo Niutta e via Regina Margherita, con le quattro statue dell’Arciconfraternita dell’Immacolata (il Cristo all’orto, il Cristo alla colonna, il Cristo carico della Croce ed il Crocifisso) ed i rispettivi vessilli processionali che nel frattempo sono giunti in via Regina Margherita e aspettano di congiungersi al resto del corteo.
Queste otto splendide statue (Caulonia può sicuramente vantarsi di possedere delle statue di pregevole fattura! ), che rappresentano le tappe della Passione di Cristo, danno il via alla misteriosa, commovente e secolare processione del “Caracolo”, che, dopo aver attraversato molte delle stradine e delle piazze di Caulonia, arriva nella piazza principale del paese, piazza Mese (denominata anche piazza Umberto I), dove ha inizio la parte più importante della processione stessa, cioè il tradizionale movimento a zig-zag, o meglio “bustrofedico” (ovvero simile al movimento dei buoi che arano un campo con l’aratro), che è il “Caracolo” vero e proprio, che dura circa un’ora in una piazza approssimativamente di 70 metri.
Il corteo processionale avanza lentamente disegnando una sorta di “esse infinita” che traccia l’intera piazza, dalla parte più alta fino alla zona più bassa della stessa, entrando infine nella Chiesa Matrice; qui il corteo fa un giro all’interno di essa e poi riesce per ritornare su via Vincenzo Niutta e, arrivato all’incrocio con via del Rosario, si divide e ognuno fa ritorno alle rispettive chiese di appartenenza, dove, a chiusura del rito, vengono intonati canti funebri.
Così si svolge sostanzialmente il rito oggi, ma, in realtà, in passato vi erano altre tradizioni legate al "Caracolo" che, negli anni, sono state soppresse per volere dell’autorità ecclesiastica, lasciando spazio alla sola rappresentazione della Passione di Cristo.
Uno di questi era sicuramente il rito degli “incanti”, che si svolgeva nella Chiesa del SS. Rosario. Gli “incanti” erano una tradizionale asta pubblica con la quale i cittadini di Caulonia, tramite offerte in denaro, si assicuravano di portare in processione le statue ed i vessilli della processione stessa. Questa asta veniva diffusa acusticamente in tutto il paese poiché veniva bandita attraverso alcune casse amplificatrici; chi aveva intenzione di portare una statua o un vessillo processionale faceva un’offerta in denaro e poteva segnare il proprio nome e cognome cosicché venisse letto dal banditore.
Ovviamente, essendo un’asta, chi offriva di più si aggiudicava di portare in processione la statua o il vessillo scelti, ma, non di rado e soprattutto negli ultimi tempi, vi erano accordi tra varie persone, le quali si dividevano la somma che avevano intenzione di offrire, evitando così di alzare troppo il prezzo per aggiudicarsi la statua o il vessillo che avevano scelto di portare in processione.
Negli anni passati spesso invece questa asta era particolarmente accesa, anche perché vi erano, storicamente, alcune “categorie sociali” a Caulonia che periodicamente e tradizionalmente volevano incantare alcune statue: muratori e mulattieri per esempio facevano a gara per aggiudicarsi la statua di San Giovanni, le donne invece si contendevano la statua del Cristo Morto, i ragazzi più giovani del paese tendevano ad “incantare” la statua dell’Ecce Homo, mentre la Vergine Addolorata veniva generalmente “incantata” da chi era legato ad un particolare voto o chi si sentiva in dovere di ringraziarla per una grazia ricevuta.
C’è da dire inoltre che, sempre in passato, alcuni colpi di mortaretti davano il via, nel primo pomeriggio, a questo tradizionale rito degli “incanti”, che prendeva dunque il via all’incirca intorno alle ore 14:30 e terminava letteralmente sulla porta della chiesa del SS. Rosario, quando il corteo si apprestava ad uscire.
E proprio in questo momento, spesso, si cercava di aggiudicarsi all’ultimo minuto una statua o un vessillo. Quando il banditore leggeva per tre volte l’ultima offerta fatta senza che nessuno avesse rilanciato, allora la statua o il vessillo in questione poteva uscire dalla chiesa e la relativa asta per esso era terminata.
Questo rito degli “incanti” ha iniziato ad essere malvisto dall’Autorità Ecclesiastica all’inizio degli anni 2000; è rimasto, infatti, pressoché intatto fino all’anno 2002, dopodiché, l’ordinario diocesano del tempo, Mons. Giancarlo Maria Bregantini, ha disposto di modificare questo rito, inizialmente dando disposizioni su come dovesse essere fatto l’annuncio pubblico delle offerte, in seguito abolendo lo stesso annuncio pubblico con nome e cognome di chi aveva fatto l’offerta, per arrivare al giorno d’oggi in cui, da ormai circa un decennio, gli “incanti” non si svolgono più, non vi è alcuna asta, né pubblica, né segreta, ma vi è un sistema di offerte a busta chiusa in cui chiunque può fare l’offerta che vuole e può comunque ritenersi in diritto di portare la statua o il vessillo per cui ha fatto l’offerta.
Un’altra tradizione legata al "Caracolo" è l’uso delle raganelle, o tric-trac, durante tutto lo svolgimento della processione. Questo strumento musicale in legno, composto da una ruota dentata che girando fa vibrare una stanghetta in legno flessibile producendo suoni secchi e potenti, viene chiamato a Caulonia anche “tocca” o “caracolo”, proprio perché legato quasi esclusivamente alla processione in cui veniva e viene ancora usato (secondo la figura retorica della metonìmia della lingua italiana), anche se ai giorni nostri in maniera minore che in passato.
Negli anni, vari studiosi hanno scritto sul "Caracolo", alla ricerca dell’etimologia della parola e della nascita della tradizione stessa.
Sicuramente il libro dello studioso, nonché parroco, Davide Prota "Ricerche storiche su Caulonia", pubblicato nel 1913, rimane ancora oggi quello a cui si fa riferimento per la maggiore.
Successivamente hanno scritto in merito a questa tradizione, e meritano sicuramente menzione: Gustavo Cannizzaro, in Culti cauloniesi – Il sacro e il profano nei riti della Calabria ultra, Ed. Corab, 2002; Armando Scuteri, in Kaulon – Castelvetere – Caulonia, CLE, 2005; Orazio Raffaele Di Landro, in U Caracolu, Litografia Diaco, 2006.
Varie teorie sono sorte negli anni per cercare di trovare l’etimologia del termine e una “data di nascita” di questa tradizionale processione cauloniese, ma spesso, a parer mio, nel tentativo di trovare a tutti i costi un’etimologia univoca o un anno preciso in cui poter dire che il "Caracolo" è nato, ci si è lasciati andare a conclusioni affrettate e poco plausibili.
Per quanto riguarda l’etimologia del termine, tutti sono pressoché concordi sul legame che esiste con il termine spagnolo “caracol” che in italiano vuol dire “chiocciola”; ma, volendo ricercare l’etimologia del termine spagnolo, il Prota lo collega al termine arabo “karahara” che vuol dire “girare” e, sia Cannizzaro che Scuteri, nei loro libri, prendono in considerazione questa etimologia come l’unica possibile; Orazio Raffaele Di Landro, invece, nella sua introduzione a "U Caracolu", pur riconoscendo valida la pista che porta a credere a una derivazione araba del termine (poiché gli spagnoli storicamente subirono la dominazione araba), crede che, in base alle influenze che il greco ha avuto sulla lingua spagnola, l’etimologia del termine spagnolo possa essere ricercata anche nella lingua greca, e precisamente in termini come: “coracòlo” (contratto: “coracò”), che significa “chiudo” o anche “tomba”, o “characòo” (contratto “characò”, con la C aspirata, cioè con la gutturale aspirata, perciò seguita nella trascrizione italiana dalla H), che significa “circondo di pali, metto una palizzata, chiudo fra pali”; ricordando inoltre che recintare in greco si può dire, per esempio, anche col verbo “charakizo”.
In ultima analisi egli dà il significato al termine “Caracolo” di “tutto recintato”, facendo riferimento alla piazza dove si svolge il rito che appare quasi come virtualmente recintata e delimitata durante lo svolgimento dello stesso.
Per quanto riguarda la nascita di questa tradizione a Caulonia purtroppo non vi sono chiari documenti che attestino quando possa essere nata.
Lo stesso Prota, che pubblica il suo libro nel 1913, riferisce che si tratta di una tradizione secolare, ma non fa alcun cenno su quando questa tradizione possa aver avuto inizio.
L’unico che fornisce una data nel suo libro è Armando Scuteri (Kaulon – Castelvetere – Caulonia, CLE, 2005), scrivendo, a pagina 191, che questa tradizione “si ripropone senza interruzioni dal 1640”. In realtà inizialmente non è chiaro sulla base di che cosa egli abbia fatto questa affermazione, ma, ritornando a pagina 123 dello stesso libro, si capisce che egli deduce tale data da un non ben specificato manoscritto del 1860 che però, leggendolo attentamente, in realtà, pare non decreterebbe il 1640 come la data di inizio della tradizione del Caracolo, ma dice invece che la processione venne tramandata nel tempo della dominazione spagnola, e poi viene scritto, separato da un trattino, l’anno 1640, intendendo questo come l’anno in cui era nel pieno la dominazione spagnola del meridione d’Italia, ma non l’anno in cui il "Caracolo" venne istituito; tant’è vero che il manoscritto stesso che viene riportato è datato 1860, quindi il "Caracolo" che si sta descrivendo è verosimilmente quello degli anni in cui il manoscritto stesso è datato (1860 appunto) e tra l’altro non sappiamo chi abbia scritto questo manoscritto, perché non viene riportata la firma, né tanto meno il luogo dove è custodito.
- Testo a cura di Giovanni Di Landro.
- Foto tratte dal web.